Nelle ultime settimane sentiamo usare il termine “conflitto” come sinonimo quasi indistinto del termine “guerra”.
Questa sovrapposizione oltre a essere scorretta può essere profondamente pericolosa, sia per gli adulti ma soprattutto per i più piccoli, perché genera diffidenza e paura verso i conflitti che viviamo quotidianamente in famiglia o al lavoro, con gli amici o in coda alla posta. Questi sono invece una parte naturale, ineliminabile, delle relazioni umane e sono, al contrario della violenza e della volontà di eliminare l’altro tipica della guerra, un’occasione per avvicinarsi, imparando qualcosa di sé e degli altri. Questa distinzione fondamentale viene ben descritta nella prima parte di un articolo della rivista Vita e nell’approfondimento in un altro articolo pubblicato sul sito del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti (CPPP) che vi invitiamo a leggere.
Abbiamo a cuore i conflitti, per questo amiamo la pace. Il conflitto parla di relazioni e della loro cura, la guerra di violenza e distruzione. Come cooperativa sociale che desidera contribuire allo sviluppo di comunità coese crediamo che le relazioni umane più ricche siano quelle in cui abbondano le differenze: solo così ogni incontro con l’altro può trasformarsi in opportunità di conoscenza e crescita. L’accoglienza parte dal riconoscimento del punto di vista degli altri e l’inclusione è prima di tutto la volontà di entrare in contatto con il vissuto emotivo “differente”: è proprio imparando ad abitare una dimensione conflittuale che secondo noi le differenze possono, in realtà, dare spazio a nuove opportunità.